L’attività psicomotoria, nel nostro modo di intendere tale pratica, si prende cura del gioco spontaneo del bambino e per questo motivo abbiamo scelto di denominarla “Pratica Psicomotoria del Gioco Libero”. È un’interpretazione originale della pratica psicomotoria di Bernard Aucouturier ed integra alcuni importanti elementi del Metodo AERC (Attivazione Emotiva a Reciprocità Corporea) di Michele Zappella, valorizzando, altresì, i principi del “metodo Montessori” nell’utilizzo di giocattoli e materiali per i giochi a tavolino.
L’obiettivo principale da perseguire nelle sedute, in fase iniziale della terapia, è l’attivazione del piacere senso-motorio. Esso apre il bambino alla relazione con l’adulto, con i coetanei e con l’ambiente, permettendogli di abitare, con la sua attività spontanea, i parametri spazio-temporo-causali dell’azione (affordance) e, inoltre, favorendo l’articolazione e la regolazione delle emozioni. Il piano complessivo dell’espressività motoria, che è propria del bambino, si arricchisce ed in tal modo eventuali stereotipie diventano lentamente meno invadenti, fino a sciogliersi definitivamente talvolta, favorendo l’articolazione e l’aumento delle possibilità espressive.
A partire dall’attivazione del piacere sensomotorio si lavora sul gioco spontaneo per fare nascere, nel piacere condiviso, il contatto oculare, la vocalizzazione, il sorriso sociale di risposta, routine sociali piacevoli (ad esempio il gioco del “cucù”, il dondolo, il gioco “vola,vola”), fino a che il bambino non è in grado di iniziare ad anticipare la routine sociale per poter ripetere il piacere che essa comporta (vedi in appendice la descrizione del lavoro con un bambino autistico di tre anni). Il piacere sensomotorio è anche il motore dell’attivazione del rapporto con gli oggetti; i primi oggetti che facilitano e permettono questa attivazione sono le bolle di sapone, i palloncini, le palline che attivano i piaceri primari di lanciare, rompere, muoversi dentro le mille bolle che cadono, rotolarsi dentro una “piscina di palline”. Nascono, così, le prime routine con gli oggetti che porteranno alla costruzione della capacità di chiedere la ripetizione del gioco (anticipazione della routine). Contemporaneamente nella sala sono presenti dislivelli a forma di scaletta, di scivoli, materassi sui quali cadere senza farsi male, cubi di gommapiuma di varie forme e misure, per iniziare a svolgere, attraverso lo stimolo continuo della relazione con l’adulto, attività spontanee che comportano il salire, scendere, scivolare, vivere il piacere del disequilibrio. Inoltre ci sono giocattoli per arrivare al gioco di imitazione funzionale e oggetti che sostengono il gioco di imitazione simbolica.
Le sedute possono essere: •individuali: operatore/bambino; •con la presenza e il coinvolgimento nel gioco della mamma e/o del papà (operatore/mamma e/o papà/bambino); • di preparazione al passaggio in gruppo (in esse, per rendere la situazione più articolata, è talvolta prevista la presenza di due operatori con il bambino); • di gruppo (prevedono la presenza di 4/6 bambini più un operatore per ogni bambino). Le sedute in gruppo sono un momento essenziale del piano terapeutico poiché permettono la condivisione del piacere senso motorio con i coetanei. All’inizio la condivisione è solo vivere il piacere nello stesso luogo degli altri e sentirlo insieme a loro attraverso il rimando che, con la voce e con lo sguardo, ne danno gli adulti. Esso costituirà la base per un gioco che inizia a strutturarsi “assieme agli altri”, fino a diventare gioco condiviso; a questo punto del percorso il gioco di puro piacere senso-motorio si arricchirà della dimensione simbolica e imitativa (gioco del “fare finta di”).
Nel nostro modo di svolgere la pratica psicomotoria non viene mai perseguito un intento direttamente riabilitativo, in relazione al fatto che l’attivazione del piacere senso-motorio nello spazio-tempo della sala in rapporto al materiale ed alla presenza degli adulti e/o coetanei ha, comunque, un’importante valenza riabilitativa del piano funzionale delle prassie motorie. Inoltre il gioco, in particolare quello spontaneo che si nutre del desiderio del bambino, svolto in tutte le sue forme, è un volano importante nello sviluppo di tutte le funzioni neuro-cognitivo-linguistiche. Per questo motivo assegniamo a questa attività un valore pari alle attività direttamente riabilitative. A noi piace dire che la riabilitazione e la cura della dimensione del gioco spontaneo sono le due facce del nostro sistema integrato di prenderci cura dei bambini.